Cosa vuol dire vedere 10/10? |
Che cosa è l'astigmatismo? |
Perché, nelle giornate calde, una strada
asfaltata sembra coperta di chiazze bagnate, che tuttavia si mantengono
sempre alla stessa distanza dall'osservatore? |
Perché le stelle non ci appaiono immobili, ma
piuttosto affette da un continuo tremolio? Perché tale effetto non ha
luogo per la luna? |
E' vero che si può calcolare l'età di una persona
semplicemente conoscendo la distanza minima a cui riesce leggere? |
Quanto tempo occorre all'occhio umano per adattarsi
all'oscurirà? |
A che distanza si può vedere, nelle migliori
condizioni possibili, una lampadina accesa di 50 watt? |
Perchè quando fissiamo una sorgente
luminosa, come il sole, e poi chiudiamo le palpebre, la sua immagine
permane con colori cangianti dal viola al verde ed altro ancora, per unn
tempo di minuti? |
Perchè un corpo disteso ci appare sempre
più lungo che non in posizione eretta? |
Perchè sott'acqua vediamo gli oggetti
fortemente sfuocati? In che modo la maschera da subacqueo ci permette di
rimetterli a fuoco? |
Che tipo di occhi speciali - occhi a
doppio uso- debbono avere quegli uccelli acquatici che si tuffano in
profondità per cogliere le loro prede e nuotano sott'acqua con le ali
non diversamente dai pesci? |
Perchè il sole prossimo all'orizzonte - e
così la luna - appare più grande di quando è alto nel cielo? |
Cosa vuol dire
vedere 10/10?
La visione si esprime in decimi per convenzione, come per convenzione, ad
esempio, si è scelto il metro come unità di misura. Tornando all'esempio del
metro si è stabilito che questo fosse la 40milionesima parte dell'equatore,
mentre per la misurazione della vista si è stabilito che ha 10/10 chi riesca a
vedere alla distanza di 5 metri una lettera alta 7,3 mm. (Quindi vede 1/10 chi
distingue una lettere di 73 mm di altezza a 5 metri).
Che cos'è l'astigmatismo?
L'astigmatismo è quella anomalia refrattiva in cui il diottro oculare
presenta un potere differente nei vari meridiani.
Più semplicemente l'astigmatico è colui che quando guarda una croce vede a
fuoco un solo braccio, o quello orizzontale o quello verticale.
Perché, nelle giornate
calde, una strada asfaltata sembra coperta di chiazze bagnate, che tuttavia si
mantengono sempre alla stessa distanza dall'osservatore?
E' il miraggio più conosciuto e facile da incontrare. Tutti hanno notato,
percorrendo una strada asfaltata d'estate, che essa presenta apparenti chiazze
di bagnato, capaci di riflettere la luce come specchi. Se si cerca di avanzare
verso la zona "bagnata", essa si allontana corrispondentemente.
L'effetto è dovuto alla presenza di un gradiente termico sopra l'asfalto:
l'aria è più calda vicino ad esso, per via dell'assorbimento dei raggi solari,
e diviene via via più fredda con la quota. L'aria più calda è meno densa e
dunque meno rifrangente. Il risultato è che, nella zona sovrastante l'asfalto,
i raggi luminosi incontrano una continua variazione dell'indice di rifrazione
dell'aria, così da subire una graduale rifrazione e un incurvamento nella
direzione del moto. Un raggio che si avvicini al suolo con piccola inclinazione,
non giunge mai a toccarlo, ma si piega verso l'alto. Se raggiunge l'osservatore
verrà giudicato né più né meno che un raggio riflesso.
Perché le stelle non ci
appaiono immobili, ma piuttosto affette da un continuo tremolio? Perché tale
effetto non ha luogo per la luna?
L'aria nell'atmosfera è soggetta a turbolenze e presenta sensibili
variazioni di temperatura da punto a punto, per cui si manifestano fenomeni di
rifrazione, ossia deviazione dei raggi luminosi. L'effetto è presente anche
nell'osservazione della luna, ma è assai meno percettibile a causa delle grandi
dimensioni del disco lunare.
E' vero che si può calcolare
l'età di una persona semplicemente conoscendo la distanza minima a cui riesce
leggere?
E' verissimo. E' solamente necessario che vengano corretti, se presenti, vizi
refrattivi per lontano. L'età può essere calcolata fino ai 58 anni circa.
Questo test non funziona dopo tale età. Ci sono delle tabelle (precise) che
consentono di trasformare i centimetri della minima distanza di messa a fuoco
con l'età. Ad esempio 8,3 cm corrispondono a 15 anni; 10 cm a 20 anni; 14,2 cm
a 30 anni; 20 cm a 40 anni; 40 cm a 50 anni.
Quanto tempo occorre all'occhio
umano per adattarsi all'oscurirà?
L'adattamento dell'occhio alle condizioni di forte illuminazione - ossia
perdita di sensibilità della retina in presenza di abbagliamento - avviene in
pochi istanti. Tale fenomeno è dovuto alla temporanea saturazione dei pigmenti
fotosensibili (rodopsina nel caso dei coni), a seguito della reazione
fotochimica cui prendono parte. La loro rigenerazione, in quanto processo
fisiologico, non può essere ovviamente istantanea. In presenza di illuminazione
stabile, si instaura una situazione di equilibrio dinamico in cui consumo e
rigenerazione dei pigmenti fotosensibili si bilanciano. In condizioni di oscurità,
quando la visione è garantita dai bastoncelli, il primo processo si arresta,
così che il secondo porta a un notevole accumulo di pigmenti e a una
conseguente alta sensibilità visiva. L'adattamento al buio varia da persona a
persona e dipende da altri fattori, come l'età, la stanchezza, la
malnutrizione, la salute (in particolare, nella rigenerazione della rodopsina
gioca un ruolo importante la vitamina A, quella che abbonda nelle carote). In
media, si può dire che il grosso dell'effetto avviene in qualche minuto, ma le
condizioni finali, corrispondenti a una sensibilità mille volte più alta che
in normali condizioni, vengono completamente raggiunte in circa sessanta minuti.
E opportuno sottolineare che l'occhio, in tali condizioni, perde, a vantaggio
della sensibilità, in acuità visiva e rapidità di percezione. Il primo
effetto ha luogo perchè, presumibilmente, viene allargata la regione della
retina da cui partono i segnali diretti al cervello, col risultato che
diminuisce la definizione dei contorni. Il secondo avviene perchè, al fine di
compensare la ridotta illuminazione, il sistema nervoso allunga il tempo
dedicato alla percezione per un maggiore accumulo dei prodotti della reazione
fotochimica.
A che distanza si può vedere,
nelle migliori condizioni possibili, una lampadina accesa di 50 watt?
I bastoncelli, fotorecettori della visione notturna, sono capaci di rilevare
un'intensità luminosa corrispondente ad alcuni fotoni per secondo, ossia pari a
un'energia in arrivo dell'ordine di 10-10 erg.
Ciò significa che, in linea teorica, una lampadina da 50 watt è visibile a
circa 1.000 chilometri di distanza! Poco credibile? Prescindendo dalla curvatura
della terra, e quindi ponendo la lampadina su un missile ormai lontano nello
spazio, supponendo inoltre che l'atmosfera non assorba in alcun modo né,
diffonda la luce, ciò è quanto si dovrebbe verificare. In ogni caso, benché,
le circostanze possano essere peggiori che non nella situazione ideale, si
otterranno sempre distanze enormi.
Per chi volesse rendersi conto di tale risultato, basta ricordare che
l'energia di un fotone è eguale a hf, dove la costante di Planck vale
6,62 x 10-27 erg per secondo e la frequenza di
oscillazione del campo elettromagnetico f è pari, per il giallo, a 5 x
1014 hertz. Il prodotto, nel caso una trentina
di fotoni, porta appunto al valore detto. Quanto alla valutazione della distanza
una stima grossolana si può fare nel modo seguente. Una lampadina da 50 watt,
con efficienza del 20%, emette in un secondo una quantità di energia luminosa
pari a 10 joule = 108 erg, che si distribuisce
su una superficie sferica (fronte dell'onda). L'occhio, di tale energia, cattura
solo la porzione che corrisponde all'area della pupilla. Il rapporto tra l'area
del fronte d'onda e quella della pupilla è allora 108/10-18
= 1018. Prendendo per la pupilla un'area di
0,1 cm2, si deduce per la superficie sferica
dell'onda un valore 0,1 x 1018 cm2
= 107 km2,
corrispondente a un raggio di quasi 1.000 chilometri.
Perchè quando fissiamo
una sorgente luminosa, come il sole, e poi chiudiamo le palpebre, la sua
immagine permane con colori cangianti dal viola al verde ed altro ancora, per un
tempo di minuti?
Che i fotorecettori siano completamente scombussolati da una illuminazione
troppo forte, appare evidente allorché, si fissa, anche per un attimo, una
sorgente intensa come il sole. Quando si chiudono le palpebre, permane netta la
sensazione di una macchia luminosa che non scompare per diversi minuti,
assumendo via via colorazioni diverse.
L'effetto diventa ancora più marcato se si coprono le palpebre con le mani,
in modo da ottenere condizioni di buio più profondo. Si tratta di un'immagine
consecutiva positiva. La macchia, o immagine postuma, proviene da quei
fotorecettori sui quali è stata focalizzata l'immagine luminosa, e ne riproduce
perciò la forma. Nel caso di una lampadina a incandescenza osservata da vicino,
si ha nitida l'immagine del filamento. Se nell'osservare la sorgente di luce è
stata mossa la testa, a occhi chiusi si percepisce una striscia luminosa che
corrisponde alla traccia descritta sulla retina dalla macchia luminosa.
Evidentemente, in seguito all'accecamento dei fotorecettori colpiti dalla luce,
vengono liberate grandi quantità di sostanze chimiche atte a stimolare la
rigenerazione dei pigmenti fotosensibili. Queste non sono smaltite che in tempi
lunghi, inducendo così una persistenza temporale della stimolazione nervosa.
L'effetto è significativo, perché, comprova la natura prettamente chimica del
meccanismo dei processi visivi.
Perchè un corpo disteso
ci appare sempre più lungo che non in posizione eretta?
E' una questione di maggiore assuefazione alla vista di oggetti orizzontali -
distanze, dimensioni - che verticali. Dopo il decollo di un aereo, ogni cosa
appare improvvisamente piccola, case, strade, automobili. E assai difficile,
inoltre, valutare con buona approssimazione la distanza dal suolo. Per noi,
esseri sprovvisti di ali, la visione verticale è certamente meno usuale di
quella orizzontale. E per questo motivo, presumibilmente, che un segmento
disposto verticalmente appare più corto di quando è disteso (come anche un
corpo umano), e che un quadrato, per risultare tale, deve avere l'altezza un pò
più lunga che la base.
Perchè sott'acqua
vediamo gli oggetti fortemente sfuocati? In che modo la maschera da subacqueo ci
permette di rimetterli a fuoco?
L'occhio è un sistema di lenti organiche che focalizza le immagini sulla
retina. Le lenti sono la cornea, posta alla superficie di ingresso della cavità
oculare e riempita essenzialmente di acqua, e il cristallino, posto all'interno.
La deformazione del cristallino, dovuta all'azione del muscolo ciliare, consente
di ottenere la focalizzazione di oggetti che vanno da qualche decina di
centimetri fino all'infinito. Tuttavia, ai fini della focalizzazione, il grosso
della rifrazione, o deviazione dei raggi, avviene all'ingresso del globo
oculare, dove la luce passa dall'aria, che ha indice di rifrazione uno, alla
cornea, una membrana con indice di rifrazione 1,33, grosso modo come l'acqua. Se
il mezzo esterno, anziché aria è acqua, la rifrazione iniziale viene a
mancare: il cristallino, da solo, non riesce più a focalizzare l'immagine sulla
retina. La presenza di una maschera da subacqueo elimina l'inconveniente,
ripristinando una zona d'aria davanti all'occhio.
Che tipo di occhi
speciali - occhi a doppio uso- debbono avere quegli uccelli acquatici che si
tuffano in profondità per cogliere le loro prede e nuotano sott'acqua con le
ali non diversamente dai pesci?
Consideriamo prima gli uccelli acquatici. Vi sono diversi modi con cui la
natura ha fornito alle varie specie una duplice capacità di visione, per cui
possono fare a meno della maschera subacquea (anche se taluni - come i
pellicani, le sterne ed alcuni pesci tuffatori - vanno alla cieca, ossia
individuano il pesce dall'alto e poi si affidano alle correzioni di tuffo
che possono operare finché sono fuori dall'acqua). Gli altri uccelli acquatici
hanno invece una vera e propria visione anfibia. In certi pinguini, la cornea è
quasi piatta, per cui il suo ruolo rifrangente è minimo e il passaggio
dall'aria all'acqua non si avverte. I cormorani, le anatre e altri uccelli
tuffatori, invece, compensano la perdita di rifrazione a carico della cornea
grazie a una eccezionale capacità di accomodamento del cristallino che può
arrivare a premere contro l'iride protrudendo oltre la pupilla. Il suo centro,
in questo modo, risulta fortemente incurvato e garantisce un efficiente
meccanismo di rifrazione. Il caso dei pesci è ancora diverso. Qui si ha a che
fare con due retine, una che riceve i segnali provenienti dall'acqua, l'altra i
segnali che arrivano dall'aria. Il cristallino ha una speciale forma a uovo,
ossia è più bombato dalla parte dell'acqua, per un maggiore potere
focalizzante e più snello dalla parte dell'aria, dove viene coaudiuvato dalla
rifrazione associata alla cornea.
Perchè il sole prossimo
all'orizzonte - e così la luna - appare più grande di quando è alto nel
cielo?
Si tratta soltanto di una nostra impressione soggettiva. Il disco lunare e
quello solare ci appaiono più piccoli in mezzo al cielo semplicemente perché
lo scenario manca di riferimenti. L'orizzonte, una silhouette di alberi o
caseggiati, un profilo di colline, sono sufficienti a dare maggior risalto alle
loro dimensioni.